Quando si pensa a Venezia, è difficile non pensare all’incalcolabile lavoro di Fortuny … veneziano d’adozione … Precursore dell’industrial design, decisamente originale, alla continua ricerca di nuove tecniche, Mariano Fortuny nasce a Granada l’11 maggio 1871. La sua infanzia è circondata da cose belle: respira arte e cultura prima a Roma poi a Parigi, in un clima di eclettismo cosmopolita. Vince premi importanti come pittore e incisore fino a quando si trasferisce con la madre Cecilia a Venezia. E’ il 1895, anno della prima Biennale d’Arte e in laguna si respira una contagiosa e universale energia. È qui che l’artista inizia a lavorare a quello che diventerà un progetto globale fatto di pittura, scenografie, fotografie, disegni, tessuti, oggetti, lampade e invenzioni. Definito da molti il Leonardo da Vinci del Novecento, è stato un’artista caleidoscopico che ha dimostrato il suo genio creativo in moltissimi settori,: dall’illuminotecnica teatrale alla decorazione d’interni, dalla fotografia alla stampa su stoffa. Secondo lui non c’era differenza tra arti maggiori e minori, poiché tutte contribuiscono al raggiungimento di un ideale di bellezza senza tempo, fondato sulla rielaborazione delle culture antiche.
Viveva circondato dalla sua collezione di reperti antichi … molti ereditati dal padre … a cui ispirarsi, all’atelier dove dipingeva, allo studio dove ha inventato il Fortuny Dome, una struttura di ferro e tela per riflettere la luce in teatro; è un tassello dell’universo Fortuny, che ancora oggi si riflette nei tessuti. Dove? Nel bellissimo Palazzo Pesaro degli Orfei, diventato oggi il Museo Fortuny. Da visitare assolutamente.
Nel 1902 a Parigi, Mariano incontra Henriette Negrin, sofisticata stilista francese, che diventa compagna, musa e moglie, con la quale dal 1906 inizia a sperimentare e inventare i primi tessuti stampati con motivi ispirati all’antichità classica: pregiato cotone bianco stampato con sostanze derivanti dalla natura, come estratti di piante e insetti, come lo straordinario verde declinato all’infinito. La magica alchimia della coppia raggiunge il suo apice nella “fabbrica laboratorio” della Giudecca, dove Henriette si occupa della direzione creativa, mentre Mariano gira il mondo documentando con la fotografia tutto quello che lo affascina e lo intriga. Da quel momento in poi i tessuti Fortuny, iniziano a venire riconosciuti, ambiti e commissionati in tutto il mondo. È così che l’attività si trasforma in una fabbrica funzionale e prestigiosa, tuttora sede nello storico edificio in mattoni rossi, con le grandi finestre affacciate sul Canale della Giudecca.
E’ sicuramente l’incontro con l‘americana Elsie McNeill, interior designer e letteralmente stregata del lavoro di Fortuny, a dare un impulso straordinario e a rendere riconoscibili questi tessuti, diventando tra l’altro, l’esclusivista nella Maison per gli Stati Uniti. Il marchio Fortuny decolla e vengono aperti negozi a Berlino, Madrid, Milano, Zurigo, Londra e New York.
Alla morte di Mariano Fortuny nel 1949, l’azienda passa di mano e sarà proprio Elsie a prendere le redini della factory ed elegge Venezia come sua residenza abituale, diventando anche contessa Gozzi, per matrimonio. Pur lasciando la fabbrica nella sua naturale architettura, nel 1964 inserisce nei magnifici giardini, una piscina “a terra”, probabilmente l’unica in tutta Venezia, circondata da alberi secolari e filari di cipressi lungo le mura di cinta e profumatissime glicini, rendendo ancor più sorprendente e magico questo luogo.
Parlando di Mariano Fortuny, non possiamo non fare un cenno ad un abito, divenuto iconico: il Delphos, primo abito plissettato e la prima ad acquistare un Delphos fu la Marchesa Luisa Casati. Infatti nel 1909 Fortuny inventa questo particolare capo, un peplo morbido e aderente al corpo femminile per esaltarne le forme. Inizialmente nasce come abito da casa, libero da bustini e corsetti ed è subito amato e indossato dalle attrici e ballerine più famose di quegli anni: Eleonora Duse, Isadora Duncan e Sarah Bernhardt.
È di colore monocromo, spaziando da tinte tenui a quelle più accese, sopra il quale spesso si porta una sopra-veste di garza semitrasparente con motivi dorati, moreschi e orientaleggianti. L’abito è semplice e riprende le antiche colonne scanalate greche o le korai o l’auriga di Delfi, ma è una novità la tecnica usata: la plissettatura, che Fortuny inventa e brevetta e che non è svelata a tutt’oggi nel suo intero procedimento. Questo particolarissimo abito poteva essere portato semplicemente a tunica, anche in più strati o essere trattenuto in vita, per dare movimento e sottolineare le forme femminili, con cinture a nastro in cotone stampato. Il Delphos era realizzato in un tessuto pregiato come la seta, sottile per poter permettere la plissettatura e mantenere una straordinaria lucentezza. Mariano Fortuny riconoscerà per iscritto la paternità del Delphos, a sua moglie Henriette.
Al di là dei grandi nomi dell’epoca che hanno indossato questo splendido abito, è l’ereditiera Gloria Vanderbilt … stilista, attrice, autrice e socialite ad esserne una collezionista sistematica. Nel 1969, Richard Avedon realizza un servizio di gioielli di Rita Delisi per Vogue US e sarà proprio Gloria a fargli da modella, indossando questi opulenti monili su delle tuniche Delphos, rendendo queste immagini bellissime e straordinariamente attuali, ancora oggi.
E indossa un Delphos nel ritratto a grandezza naturale, realizzato da Aaron Shikler, che troneggia in uno dei salotti della sua casa newyorkese, proprio come omaggio a questo capo minimalista, ma al contempo eccentrico e ricco. In un servizio per la testata Vanity Fair del 1985, Horst P. Horst fotografa Gloria appoggiata ad una sedia imbottita animalier, con lo stesso abito di questo ritratto.
Dopo Elsie McNeill Lee Gozzi, questa eredità è stata raccolta e rilanciata dal nuovo direttore artistico, l’architetto veneziano Alberto Torsello, chiamato dai fratelli Mickey e Maury Riad, alla guida dell’azienda che hanno ereditato da loro padre Maged Riad nel 1998. Anche il logo è stato modificato in Fortuny Venezia 1921, anno in cui nella storica fabbrica è stato realizzato il primo tessuto.
Teatro Apollo Teatro Delfi Teatro Onfalo
La collezione presentata quest’anno, è un omaggio ad una delle grandi passioni di Mariano Fortuny, il “Teatro”, con una serie di disegni declinati in vari colori classici della Maison e rappresentati al Teatro La Fenice. Questa nuova proposta è dedicata all’Antica Grecia che, non a caso, è questa stessa cultura che ci ha regalato il concetto di teatro, un modo per raccontare le verità più profonde dello spirito umano, attraverso il costume e la poesia, l’architettura e l’immaginazione. Fotografie di Guido Malara.
Avrei molto altro da raccontare, come sempre di persone straordinarie, ma lascio questo compito descrittivo ad un grande scrittore …
“… dicono che un artista di Venezia, Fortuny, abbia ritrovato il segreto della loro fabbricazione e che fra qualche anno le donne potranno passeggiare e, soprattutto stare a casa loro, in broccati splendidi come quelli che Venezia ornava, per le sue patrizie, con i disegni dell’Oriente … vesti o vestaglie … fatte da Fortuny su antichi disegni veneziani. È forse il loro carattere storico, o forse piuttosto il fatto che ciascuna è unica, a dar loro un carattere così singolare che l’atteggiamento della donna che la indossa, mentre ci aspetta o parla con noi, acquista un’importanza straordinaria, come se quel vestito rappresentasse il frutto d’una lunga deliberazione e se quella conversazione si distaccasse dalla vita ordinaria come una scena di un romanzo?”
Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto
di Giovanna Cappuccio
fortuny.com