Nell’immagine di apertura: Dovima with elephant. L’abito nero indossato dalla modella e attrice americana, nelle foto scattate da Richard Avedon al Cinque d’Hiver di Parigi nel 1955, fu il primo disegnato da Yves Saint Laurent, negli anni in cui era ancora assistente di Christian Dior. La fotografia di Avedon la ritrae in mezzo ad alcuni elefanti del Circo, in occasione della settimana della moda parigina. Dovima è stata la prima supermodella della storia, prima che il termine entrasse a far parte del lessico comune, poiché era la modella più pagata dell’epoca.
Il percorso espositivo è suddiviso in dieci sezioni: The Artist, The Premise of the show, Early Fashion, Actors and Directors, Visual Artists, Performing Artists, Musicians and Writers, Poets, Avedon’s People, Politics, Late Fashion, Versace e si costruisce intorno ai due punti più caratteristici della sua ricerca: le fotografie di moda e i ritratti. La moda si raggruppa in due periodi principali, dove le prime sono scattate in situazioni statiche e le modelle impersonano un ruolo, che evoca una narrazione e sono realizzate principalmente negli anni ’60 inizi ’70. Le opere successive invece, si concentrano esclusivamente sulla modella e sui capi che indossa. In queste foto più mature, Avedon utilizza spesso uno sfondo minimalista e uniforme e ritrae il più delle volte le modelle in pose dinamiche, utilizzando le forme fluide del corpo per rivelare la costruzione, il tessuto e il movimento dell’abito.
Molte sono le top model con cui lavorò Avedon; sua musa per eccellenza Dovima, per la straordinaria affinità che aveva con lei, tanto da realizzare immagini spettacolari, come l’iconica Dovima with Elephant, che è quasi lo spartiacque delle sue fotografie, tanto che Avedon e Dovima, diventano un tutt’uno. Altre si sono affiancate naturalmente: da China Machado, a Suzy Parker, a Jean Shrimpton, da Penelope Tree a Twiggy, a Veruschka con le quali ha sperimentato straordinarie fotografie in movimento, dove abiti e modelle si perdevano le une dentro gli altri, primo in assoluto per questo tipo di immagine. Infatti una serie di immagini raffiguranti Penelope Tree o Jean Shrimpton rivelano come Avedon sapesse sfruttare le particolari qualità del volto o del corpo di una modella. Tre fotografie di Dorian Leigh risalenti al 1949 mostrano come potesse trasformare il soggetto attraverso location e abiti diversi in modo da fare impersonare ruoli e personaggi distinti. Con la modella Dorian Leigh, ha realizzato servizi irripetibili e in una immagine si presenta come una figura altera e sdegnosa; in Woman in the mirror, in Abito da sera di Robert Piguet, è fotografata nell’appartamento di Helena Rubinstein, a Parigi a L’ Île Saint-Louis, nel 1949. Avedon ritrae la modella di tre quarti davanti a uno specchio, assorta nell’osservazione della propria immagine. Lo splendido abito scultoreo, il perfetto contesto e la sicurezza che emana, fanno di Dorian Leigh un’icona assoluta di stile.
Per quanto riguarda i ritratti, Avedon è noto per il suo particolare stile, sviluppato a partire dal 1969. Fra tutti, è da sottolineare il suo approccio all’uso del fondo bianco, che gli consentiva di eliminare gli elementi di distrazione di un set fotografico, per enfatizzare le qualità della posa, dei gesti e dell’espressione. Un esempio? La fotografia del 1981, scelta come immagine guida della mostra, che ritrae Nastassja Kinski, morbidamente distesa sul pavimento e abbracciata da un serpente che sembra sussurrarle all’orecchio …
Lavorando principalmente con una fotocamera di grande formato, riprendeva i suoi soggetti abbastanza da vicino, affinché occupassero un’ampia sezione dell’inquadratura, rafforzando nell’osservatore la consapevolezza dello spazio negativo tra la figura e il margine. L’interazione tra figura e vuoto, tra corpo e spazio, tra forma solida e potere che definisce, è la chiave della potenza delle sue immagini. Il fascino di queste foto non è legato solo alla composizione, ma anche al senso di intimità che evocano. Avedon dà vita a ritratti potentemente descrittivi che avvicinano l’osservatore ai soggetti effigiati. La capacità di vedere i dettagli del volto, anche quelli minimi, pone chi guarda a una distanza generalmente riservata a coniugi, amanti, genitori o figli.
Ma il caso più eclatante di relazione fotografica prolungata nel tempo è forse quello che riguarda l’amico Truman Capote. Avedon fotografò per la prima volta Capote nel 1949. Poi, nel 1959, i due collaborarono al primo libro di Avedon, Observations, una raccolta di ritratti di personaggi celebri, tra cui la cantante lirica Marian Anderson, il pittore Pablo Picasso e lo scienziato marino ed esploratore Jacques Cousteau. Il volume era corredato da un saggio di Capote e da suoi commenti alle fotografie, mentre la grafica era curata da Aleksej Brodovič, il leggendario art director di “Harper’s Bazaar” e suo mentore. Capote e Avedon lavorarono di nuovo insieme l’anno seguente, mentre lo scrittore si trovava a Garden City, in Kansas, per la stesura di A sangue freddo; Avedon lo raggiunse in quattro diverse occasioni per fotografare i presunti assassini Perry Smith e Richard “Dick” Hickock, in attesa di giudizio. In Truman Capote, New York, 10 ottobre 1955, lo scrittore aveva solo trentuno anni. L’immagine lo mostra svestito, gli occhi chiusi e le braccia dietro la schiena, il mento rasato. La posa scelta dal fotografo sottolinea la vulnerabilità del giovane, messo a nudo di fronte allo sguardo indagatore e compiaciuto dell’osservatore. L’ultimo ritratto di Capote, ormai cinquantenne, risale al 1974. La flessuosa sensualità della foto precedente è ormai scomparsa e Avedon si concentra sulla testa dello scrittore, che riempie gran parte dell’inquadratura ed è fuori centro.
Il percorso espositivo propone inoltre una nutrita selezione di ritratti di celebrità del mondo dello spettacolo: attori, ballerini, musicisti ma anche di attivisti per i diritti civili, politici e scrittori, tra cui quelli dei Beatles, di un giovanissimo Bob Dylan, di Michelangelo Antonioni, Allen Ginsberg, Sofia Loren, Marylin Monroe, del Dalai Lama e due di Andy Wahrol, dove il padre della Pop art americana decide di mostrare la sua intimità a Richard Avedon offrendo all’obiettivo le cicatrici da arma da fuoco, dopo essere sopravvissuto a un tentativo di omicidio. Una sezione è dedicata ai ritratti degli esponenti dei movimenti americani per i diritti civili e ai membri del Congresso americano, questi ultimi confluiti nel portfolio The Family, realizzato nel 1976 per la rivista Rolling Stone, che documentava l’élite del potere politico statunitense, dove è possibile vedere tra gli altri, Henry Kissinger allora Segretario di Stato, il senatore Ted Kennedy, George Bush direttore della CIA e molti altri
Una sezione è dedicata alla collaborazione tra Richard Avedon e Gianni Versace, iniziata con la campagna per la collezione PE del 1980, che sanciva l’esordio dello stilista, fino a quella della collezione PE del 1998, la prima firmata da Donatella Versace. Il lavoro di Avedon per Versace è la raffigurazione di come quel rapporto unico, che a volte si crea tra stilista e fotografo, possa produrre immagini destinate a rimanere fuori dal tempo, al di là del racconto a cui erano in originariamente destinate, legato alla stagionalità della moda, per rivoluzionarne invece una narrazione fluida e cosmopolita. Grazie al suo sguardo, Avedon è stato uno dei pochi fotografi a interpretare l’avanguardia di Gianni Versace, illustrando lo stile e l’eleganza dello stilista italiano, nonché la radicalità della sua moda. Il linguaggio astratto di Avedon agisce in uno spazio che esalta le figure, rendendole assolute e sottolineando le coreografie dei corpi di alcune delle top model più celebrate dell’epoca, in movimenti sciolti e naturali, che mettono in evidenza la forma e la matericità degli abiti che indossavano, come nel caso della campagna per la collezione PE del 1993, che vede protagoniste Christy Turlington, Linda Evangelista, Kate Moss, Aya Thorgren e Shalom Harlow. In questa parte finale della mostra, sono visionabili due video, uno di Gianni Versace che si racconta attraverso il suo lavoro e quello di Avedon e un altro di di Donatella, che parla del suo rapporto empatico con lui e la capacità di comunicare con semplicità, suggerimenti di vita.
Una sorpresa attende i visitatori, con un video della precedente mostra di Richard Avedon a Palazzo Reale del 1994, ritrovando così un fil rouge con i nuovi scatti esposti. Da non perdere.
La Redazione
Dal 22 Settembre al 29 Gennaio 2023, Richard Avedon con la mostra Relationship, a Palazzo Reale.
La mostra promossa dal Comune di Milano-Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Skira Editore in collaborazione con il Center for Creative Photography e la Richard Avedon Foundation è curata da Rebecca Senf, responsabile della collezione del Center for Creative Photography e vede come main partner Versace e media partner Vogue Italia. Il catalogo è pubblicato da SKIRA Editore.
Dall’alto:
Jean Shrimpton, evening dress by Cardin, Paris Studio, Gennaio 1970
Veruschka, dress by Bill Blass, New York, Gennaio 1967
Dorian Leight, evening dress by Robert Piguet, Paris 1947
Marella Agnelli, New York, 1953 reputato da Avedon uno dei suoi migliori ritratti
Truman Capote, New York, 10 Ottobre 1955 e successiva 1974
Andy Warhol, New York, 8 Agosto 1969
Due immagini campagne Gianni Versace